Foto di gruppo sul lago Coldai

Resoconto – Trekking Pelmo Civetta

News Pubblicato il 10 Agosto 2025

Domenica 3 agosto nel primo pomeriggio si è concluso, con grande soddisfazione di partecipanti e organizzatori, l’impegnativo trekking durato quattro giorni intorno al monte Pelmo e al massiccio del Civetta che ha visto partecipare 23 soci CAI delle sezioni di Sesto Fiorentino e Lucca.
Il percorso, evidenziato nell’immagine sotto, prevedeva un circuito ad anello che è cominciato e terminato a Pecol-Mareson in val di Zoldo.

Il percorso delle quattro tappe
Il percorso seguito durante le quattro tappe

Il percorso è stato suddiviso in quattro tappe con appoggio in tre importanti rifugi della zona: il rifugio Venezia, sotto il versante est del Pelmo non lontano dal passo di Rutorto, il rifugio Sonino al Coldai, in splendida posizione sopra la val di Zoldo e il rifugio Vazzoler sul versante sud del massiccio del Civetta.

Giovedì 31/7: dalla val di Zoldo al rifugio Venezia

Arrivati a Pecol in tarda mattinata, abbiamo parcheggiato le automobili nel comodo (e gratuito) parcheggio alla partenza della cabinovia del Monte Civetta. Da qui siamo scesi in località Mareson seguendo la strada e abbiamo quindi preso il sentiero 498 risalendo verso le pendici meridionali del monte Pelmo. Invece di proseguire direttamente verso il rifugio Venezia, in località La Forna, all’incrocio con la strada forestale che risale da Coi, abbiamo deviato seccamente verso sinistra seguendo la strada forestale (sempre sentiero 498). Infatti, visto che il tempo previsto per la giornata era buono, abbiamo deciso di allungare il nostro tragitto per andare a visitare il sito paleontologico del masso con le impronte di dinosauri posto sotto il versante sud del monte Pelmetto. Per arrivare al sito seguiamo la strada forestale fino all’incrocio con il sentiero 474 (AV1). Qui svoltiamo a destra imboccando il sentiero 474, arrivando dopo poco all’incrocio con il sentiero 472 (Col de le Crepe, Dolomiti Geotrail 47). Qui si gira a sinistra ed entro breve si arriva alla traccia che a destra, in ripida salita, ci porta al Geostop 47.2 con il masso recante le impronte di dinosauro. Rimandando all’interessante sito del Geotrail delle Dolomiti e alle molte altre pagine che è possibile reperire online per informazioni di dettaglio sull’importante significato di questo reperto (il primo di questo tipo scoperto in Italia), qui ci limitiamo a rimarcare il fatto di come ci voglia poco per aggiungere a una già bella escursione un significato scientifico-culturale di elevato spessore.

Geostop 47.2: Impronte di Dinosuri su masso alle pendici del monte Pelmetto
Geostop 47.2: Impronte di Dinosauri su masso alle pendici del monte Pelmetto

Tornati sui nostri passi ritorniamo sul sentiero 472 che seguiamo proseguendo in senso antiorario intorno al massiccio del Pelmo, arrivando fino alla località I Làch e quindi fino al passo di Rutorto dove incrociamo la seconda Alta Via della giornata, la numero 3. In questo tratto il percorso è reso difficoltoso dalla cattiva condizione del sentiero spesso fangoso e scivoloso per via delle piogge di questi giorni. A questo punto siamo comunque arrivati al rifugio Venezia completando la tappa per un totale di quasi 14 km, 1.000 m di dislivello positivo e 400 negativo.

Il rifugio Venezia è in una splendida posizione poco sopra il passo di Rutorto, con ottima vista sull’Antelao e il massiccio del Sorapiss nonché sulle cime più a ovest del gruppo delle Marmarole, altro splendido gruppo che ci ha visto protagonisti lo scorso anno.

Il cielo coperto funesta un po’ la visione, ma in serata le nuvole si diradano e il panorama offre alcune splendide viste sull’Antelao sia il tardo pomeriggio che alla luce del tramonto.

Antelao alla luce del tardo pomeriggio
Antelao alla luce del tardo pomeriggio
Antelao con il riflesso della luce del sole al tramonto
Antelao con il riflesso della luce del sole al tramonto

Le previsioni del tempo per il giorno successivo non sono buone. Infatti a partire dalla tarda mattinata è prevista pioggia anche di carattere temporalesco. Oltretutto l’indomani è previsto il passaggio in uno dei punti più impegnativi di tutto il trekking: la forcella d’Arcia sul versante nord del Pelmo e la successiva discesa sui ghiaioni della val d’Arcia. Dopocena facciamo quindi una attenta valutazione, e ci rendiamo conto che per superare la forcella in sicurezza in tempo utile sarà necessaria una partenza il più possibile anticipata. Il rifugio Venezia ci assiste in questo, permettendo di anticipare la colazione fino alle 5 del mattino. Decidiamo quindi di mettere la sveglia per il giorno successivo alle 4:30 per cercare di partire il prima possibile.

Venerdì 1/8: dal rifugio Venezia al rifugio Sonino al Coldai

Ci svegliamo molto presto in una mattina che si preannuncia limpida. Facciamo rapidamente colazione e per le 6:00 siamo già in viaggio verso la forcella d’Arcia. Seguiamo verso nord il sentiero Flaibani (n. 480) arrivando dopo poco al bivio per la via normale del Pelmo. Questa via di salita è una delle più importanti di tutte le Dolomiti soprattutto dal punto di vista storico. E’ su questo percorso che John Ball il 19 settembre 1857 insieme a una guida locale realizzò quella che è considerata la prima ascensione alpinistica di una vetta dolomitica, aprendo la strada sulla cengia che da quella volta prende il suo nome: la cengia di Ball. Naturalmente noi ignoriamo la via normale e proseguiamo, sempre sul sentiero 480, verso la forcella. Risaliamo verso una prima selletta dove avvistiamo alcuni camosci. La mattinata è splendida e il susseguirsi di nuvole basse e nebbie ogni tanto riducono la visibilità, senza però rendere mai critico l’orientamento anzi aggiungendo un tocco di magia a un percorso che si rivela affascinante. Superando alcuni tratti attrezzati ma mai pericolosi, arriviamo finalmente alla forcella, dove la vista si apre verso ovest. Qui raggiungiamo la quota più alta che toccheremo in questi giorni: 2.474 m slm.

Alba dietro l'Antelao
Alba dietro l’Antelao
Salita verso la forcella d'Arcia
Salita verso la forcella d’Arcia
Un camoscio si staglia sulla sella prima della forcella
Un camoscio si staglia sulla sella prima della forcella
Studiando la discesa
Studiando la discesa
Passaggio tecnico andando verso la forcella d'Arcia
Passaggio tecnico andando verso la forcella d’Arcia
Ultimi passi prima della forcella
Ultimi passi prima della forcella
Foto di gruppo alla forcella d'Arcia
Foto di gruppo alla forcella d’Arcia

Dopo una veloce pausa proseguiamo in discesa sul ghiaione della val d’Arcia. A un certo punto troviamo l’incrocio dove decidere se continuare a scendere sul sentiero 480 verso il rifugio Città di Fiume o se tagliare a sinistra sul tragitto Trans Pelmo sempre sui ghiaioni che ci permetterebbe però di accorciare il percorso. Decidiamo di proseguire sul sentiero anche se qualcuno osserva che più avanti troveremo comunque dei tratti impegnativi soprattutto per i componenti del gruppo non abituati ai sentieri più impervi di alta montagna. Infatti dopo poco il sentiero entra in uno scosceso versante e troviamo un tratto attrezzato in discesa abbastanza impegnativo con fune e gradini in metallo come appoggio. Il tratto è superato da tutti e tutte, e l’assistenza degli escursionisti più esperti è fondamentale per aiutare e soprattutto rassicurare i componenti meno abituati a questo tipo di tracciati. Il sentiero prosegue in discesa su fondo molto ripido e scivoloso; anche questo tratto impegnerà a fondo tutti i partecipanti.

Arriviamo a un ulteriore incrocio dove facciamo una sosta per rifocillarci un po’ e ricompattare il gruppo. A questo punto, preoccupati per il clima, che sta dando i primi segnali di cambiamento decidiamo di tagliare a sinistra senza passare dal rifugio Città di Fiume.

Entro breve ritroviamo il sentiero 472 (Geotrail) che avevamo percorso anche il giorno prima in un tratto diverso. Giriamo verso destra e scendiamo quindi al passo Staulanza. Qui facciamo un’altra sosta al rifugio Staulanza questa volta per mangiare più seriamente per prepararci ad affrontare l’ultima parte del percorso.

Quest’ultima parte è la più facile, ma il cielo si sta coprendo e si cominciamo a sentire le prime gocce di pioggia, per cui ci affrettiamo. Il percorso segue inizialmente la strada che scende verso la val Zoldana, ma al primo tornante la lasciamo per cominciare a seguire la strada sterrata che sale verso la zona delle malghe (malga Vescova, malga Pioda). Comincia a piovere più seriamente, ma tutti siamo attrezzati per resistere alla condizioni metereologiche avverse. Alla malga Vescova ci stacchiamo dalla strada e prendiamo il sentiero che in salita ci porta verso la zona sciistica in prossimita della casera Pioda. Qui incrociamo una delle varianti del Sentiero dei Sogni Monaco-Venezia e dopo poco ci stacchiamo dalla strada sterrata per prendere il sentiero lastricato di pietre che sale deciso verso il rifugio Sonino. La pioggia ci da un po’ di tregua e finalmente arriviamo al rifugio. Complessivamente abbiamo percorso circa 16 km con dislivelli di circa 1.200 m in salita e 1.000 m in discesa.

Rifugio Sonino al Coldai
Rifugio Sonino al Coldai

Il rifugio è dotato di una stanza riscaldata per mettere ad asciugare gli indumenti bagnati, una “facility” che effettivamente oggi fa molto comodo.

Dopo esserci sistemati nella camerata (e i più fortunati nelle camere), la sera ci godiamo la cena in rifugio. A un certo punto uno splendido arcobaleno arricchisce la vista già di per se magnifica sul Pelmo e la val Zoldana.

Arcobaleno sul Pelmo
Arcobaleno sul Pelmo
Il monte Pelmo al tramonto
Il monte Pelmo al tramonto

Anche se le previsioni per domani non sono buone, andiamo a letto consapevoli che comunque la tappa sarà molto meno impegnativa di quella odierna e soprattutto non prevederà passaggi complessi.

Sabato 2/8: Dal rifugio Sonino al Coldai al rifugio Vazzoler

Stamani la partenza è più tranquilla visto anche che il rifugio ha orari di colazione più convenzionali. In ogni caso non tardiamo. Seguendo l’alta via numero 1 (sentiero 560) arriviamo dopo poco alla forcella Coldai e quindi all’omonimo lago.

Foto di gruppo sul lago Coldai
Foto di gruppo sul lago Coldai
Panorama dal lago di Coldai con vista sulla Marmolada
Panorama dal lago di Coldai con vista sulla Marmolada

La giornata è grigia e il maestoso Civetta non mostra mai la sua cima costantemente nascosta sotto le nuvole. La ripida “parete delle pareti“, la nord-ovest del Civetta, si staglia alla nostra sinistra e dopo poco arriviamo alla forcella Col Negro. Nonostante il cielo coperto, la vista si apre con scorci veramente notevoli che spaziano dalla Tofana di Rozes, al Piccolo Lagazuoi, alla Marmolada, al gruppo del Sella. In questo punto estremamente panoramico si arriverebbe ben oltre, ma oggi ci dobbiamo accontentare visto il tempo coperto che chiude la vista alle cime più lontane.

La vista si apre anche verso il più vicino Col Rean con il sottostante rifugio Tissi. Era prevista la deviazione verso questo rifugio per ammirare il Civetta da una posizione privilegiata, ma visto che sta cominciando a piovere ci rinunciamo. Il brutto tempo e le nuvole non ci avrebbero comunque fatto ammirare a dovere il massiccio del Civetta.

Sotto il Civetta verso la forcella Col Negro
Sotto il Civetta verso la forcella Col Negro
Il Col Rean e il rifugio Tissi visti dalla forcella Col Negro di Coldai
Il Col Rean e il rifugio Tissi visti dalla forcella Col Negro di Coldai
La "Parete delle pareti", la nord-ovest del Civetta con il piccolo "ghiacciaio" Cristallo
La “Parete delle pareti”, la nord-ovest del Civetta con il piccolo “ghiacciaio” Cristallo
Vista verso Alleghe e l'omonimo lago. Sullo sfondo si riconoscono la Marmolada e il Sella
Vista verso Alleghe e l’omonimo lago. Sullo sfondo si riconoscono la Marmolada e il Sella

Continuiamo a camminare sull’alta via sotto una pioggia che si fa via via più intensa. Arriviamo quindi al rifugio Vazzoler per l’ora di pranzo. Alcuni di noi si riscaldano e rifocillano un po’ nel rifugio mentre altri di noi vanno direttamente nelle camerate dell’edificio adiacente al rifugio che il nostro gruppo occupa interamente. Alcuni ne approfittano per fare stretching.

Stretching e relax al rifugio Vazzoler
Stretching e relax al rifugio Vazzoler

La tappa di oggi è stata veloce: meno di 10 km per un dislivello in salita di circa 400 m e in discesa di 800 m.

Il pomeriggio passa lento e finalmente il cielo si apre, esce il sole e l’atmosfera cambia completamente. Gli escursionisti che affollano il rifugio ne approfittano per stendere gli indumenti bagnati su staccionate, tavoli ma anche per terra.

Il rifugio Vazzoler con i panni stesi ad asciugare sulle staccionate. Sullo sfondo, la Torre Venezia
Il rifugio Vazzoler con i panni stesi ad asciugare sulle staccionate. Sullo sfondo a sinistra, la Torre Venezia

Molti ne approfittano anche per visitare il giardino botanico Antonio Segni antistante al rifugio, un piccolo museo della Natura a cielo aperto che permette di rinfrescare la memoria sulla flora alpina.

Si arriva all’ora di cena. L’allegria pervade come sempre il gruppo e si cominciano a fare i piani per il giorno successivo. Le previsioni del tempo danno una giornata senza pioggia, con un possibile lieve peggioramento nel pomeriggio, ma niente a che vedere con quanto visto oggi. Il che è un bene visto che domani il trekking sarà più impegnativo per via della salita e della successiva discesa alla forcella delle Sasse.

Domenica 3/8: Dal rifugio Vazzoler a Pecol in val di Zoldo

L’idea è come sempre di partire il prima possibile, ma il rifugio non ci assiste molto in questo, visto che prevede la possibilità di fare colazione solo a partire dalle 7:00. La sera prima siamo riusciti a strappare un quarto d’ora, per cui alle 6:45 siamo tutti in sala pranzo.

Per le 7:30 siamo sul sentiero. Inizialmente si scende sul sentiero 555 raggiungendo località Pian delle Taie, dove, immediatamente dopo il superamento del letto del torrente Val dei Cantòi (che stamani è fortunatamente asciutto al contrario di quello che era stato osservato la sera prima da alcuni esploratori del nostro gruppo), prendiamo a sinistra il sentiero 558 che sale sul bosco lasciando a questo punto definitivamente l’Alta Via numero 1.

A questo punto comincia la nostra salita verso la forcella. in questa parte del tragitto passiamo proprio sotto la verticale Torre Trieste (2.458 m slm) e via via che guadagniamo quota si apre sempre di più il panorame verso sud, dove possiamo ammirare la vicina piramide del monte Agner (2.872 m) mentre in lontananza si staglia il massiccio delle pale di San Martino con a destra l’imponente cima della Vezzana (3.192 m) ricoperta della neve che è caduta il pomeriggio precedente.

Vista verso il monte Agner, le pale di San Martino e la Cima della Vezzana
Vista verso il monte Agner, le pale di San Martino e la Cima della Vezzana

La ripida salita, probabilmente la più impegnativa di questi 4 giorni visto che si guadagnano quasi 800 m di dislivello in circa 4 km, mette a dura prova i camminatori, ma il risultato che si ottiene è gratificante oltre ogni aspettativa. Oltre alla già citata vista, entro pochi chilometri si raggiunge infatti il piccolo altopiano di Van delle Sasse che, tra le altre cose, presenta un insieme di rocce compatte poste su più piani caratterizzate da solchi profondi probabilmente generati da eventi atmosferici e dalle glaciazioni. Siamo proprio tra il gruppo della Moiazza e il massiccio del Civetta; quest’ultimo anche oggi non ne vuol sapere di mostrarsi: le sue punte più elevate rimangono costantemente sotto le nuvole. La Moiazzetta (2.727 m) e la Cima delle Sasse (2.878 m) sono invece alla nostra destra.

Il gruppo al Van delle Sasse
Il gruppo al Van delle Sasse
Sul Van delle Sasse verso la forcella
Sul Van delle Sasse verso la forcella
La forcella delle Sasse in vista
La forcella delle Sasse in vista

Uno dei nostri partecipanti che a un certo punto si è attardato, ha anche la fortuna di osservare e riprendere una marmotta, che stranamente silenziosa (non si sono mai sentiti i fischi di allarme che di solito questi gruppo di animali emettono quando gli escursionisti si avvicinano alle loro tane) e poco timida, si fa avvicinare con una certa facilità.

Una marmotta al Van delle Sasse

Il gruppo prosegue lungo il sentiero 558 e, dopo un’ultima brevissima risalita da effettuare in parte aggrappandosi alle rocce, arriva finalmente alla forcella.

A questo punto, dopo una breve pausa, inizia la discesa che si rivela non meno impegnativa della salita anche se per motivi diversi. Dopo un breve ma ripido tratto attrezzato con una fune metallica, il sentiero si fa ripido e dal fondo scivoloso e necessita di particolare attenzione per essere percorso. Dopo l’attraversamento di alcune placche di roccia dove scorre il Ru della Grava, il sentiero attraversa un tratto franoso e diventa poco chiaro, ma tutti, con l’aiuto fondamentale dei più esperti, riescono a superare il tratto.

Inizio della discesa dalla forcella delle Sasse
Inizio della discesa dalla forcella delle Sasse

Alla fine arriviamo finalmente al bosco, superiamo la stazione di partenza della teleferica del rifugio Maria Vittoria Torrani, e arriviamo quindi alla Forcella Grava, dove facciamo una veloce pausa pranzo, che dobbiamo bruscamente interrompere per l’arrivo della pioggia. Partiamo lungo il sentiero 586 che scende verso Pecol e fortunatamente dopo poco la pioggia termina. Prima dell’arrivo al parcheggio e alla conclusione dei nostri quattro giorni di trekking, abbiamo il tempo per le ultime fotografie al massiccio del Pelmo che si riapre spendido come sempre davanti ai nostri occhi, mentre scendiamo l’ultimo tratto sulle piste da sci del comprensorio del Civetta.

L’impegnativa tappa di oggi alla fine risulta essere di quasi 13 km con dislivelli di 1.000 m in salita e 1.200 m in discesa.

Arriva il momento dolceamaro dei saluti, con tutti i partecipanti soddisfatti dell’impresa, impresa che per alcuni ha costituito l’ennesima cavalcata sui meravigliosi sentieri delle Dolomiti, per altri è stato invece quasi un battesimo, impegnativo ma di grande soddisfazione. In ogni caso l’esperienza ha costituito un primo o ennesimo tassello per la costruzione ddi quello che costituisce la conoscenza non banale della montagna.

Il Monte Pelmo visto nella parte finale della discesa in val Zoldana
Il Monte Pelmo visto nella parte finale della discesa in val Zoldana