Dal 24 al 26 ottobre 2025 si è svolto un trekking ad anello all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna organizzato dalla sezione CAI di Sesto Fiorentino.
L’accompagnatore sezionale Francesco Piantini ha guidato un gruppo di 11 camminatori e camminatrici tra le maestose foreste del Parco nel periodo più affascinante dell’anno, quello autunnale, quando la variazione cromatica delle foglie degli alberi è massima e la bellezza del bosco raggiunge quello che probabilmente è il suo apice prima dell’arrivo dei rigori dell’inverno. I boschi del Casentino, in autunno, infatti presentano colori che non hanno eguali in quelli presenti in altri momenti dell’anno. Le latifoglie, in particolare i faggi e gli aceri, molto presenti in queste foreste, virano verso tonalità gialle, aranciate e rossastre, creando sui vari versanti affascinanti macchie di colore che spiccano sulle colorazioni più convenzionali delle varie specie di aghifoglie comunque abbondanti in questi boschi.
Caratteristica di questo periodo è anche l’aria più fredda e secca di quella tipica dell’estate ormai terminata. Il sole più basso all’orizzonte fa filtrare la luce in modo sempre diverso tra i rami via via più spogli degli alti alberi.
Camminare sui sentieri all’interno del bosco, pur nella fatica delle occasionali salite, è un’esperienza rilassante e tranquillizzante che non ha molto a che vedere con la vertigine e l’adrenalina che caratterizza i passi impervi di alta montagna. Qui il sottobosco è spesso coperto da un tappeto di foglie cadute, che attutisce i suoni e rende la camminata silenziosa creando una sensazione generale di rallentamento. È un’atmosfera quieta, di semplice e misurata bellezza.
In questo ambiente si è svolto il nostro trekking. Con lo zaino in spalla, abbiamo percorso un anello di circa 60 km superando più di 3.000 m di dislivello sia positivo che negativo, partendo da Campigna e passando da alcuni dei sentieri e dalle località più importanti del parco: dal sentiero della Giogana, all’eremo di Camaldoli, dal monte Penna con il suo favoloso panorama sul versante romagnolo, a Badia Prataglia, per scendere quindi nella magica foresta della Lama giungendo quindi al lago di Ridracoli per chiudere con l’altopiano di San Paolo in Alpe prima di tornare a Campigna.
GIORNO 1: Da Campigna a Badia Prataglia passando per il crinale e il Monte Penna.
Scegliamo come punto di partenza del nostro trekking multigiorno il piccolo centro abitato di Campigna, posto all’interno del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, noto per la sua antica foresta di abeti bianchi e per essere un’area protetta di interesse naturalistico ed escursionistico. Percorriamo subito in salita il primo tratto di sentiero per arrivare al passo della Calla (1.296 m). Da qui imbocchiamo il sentiero di crinale, marcato come CAI 00 (anche noto come Sentiero della Giogana o GEA – Grande Escursione Appenninica). Il sentiero prende il nome dall’antica via di esbosco, la Giogana, dove i tronchi venivano “aggiogati” ai buoi per il trasporto a valle. Il percorso si snoda prevalentemente in quota, mantenendosi in gran parte all’interno della fitta faggeta. In questi giorni i faggi presenti sul crinale e sulle immediate vicinanze hanno ormai perso quasi completamente le foglie. Su questo crinale i venti sono infatti spesso impetuosi e proprio il giorno precedente alla nostra partenza c’è stata una giornata particolarmente burrascosa con piogge e venti che hanno ripulito gli alberi.
Si cammina sul crinale lungo il confine di importanti aree protette. Sulla sinistra (versante romagnolo) si costeggia la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino (Patrimonio UNESCO), mentre sulla destra (versante toscano) la Riserva Biogenetica di Scodella.


La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino è un’area di eccezionale valore scientifico e storico, considerata il cuore selvaggio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. La riserva fu istituita nel 1959, rappresentando la prima Riserva Naturale Integrale in Italia. Questo regime di tutela fu adottato per preservare un lembo di foresta rimasto in uno stato quasi primordiale. La gestione è affidata al Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio ed è inclusa nella Zona A (Massima Protezione) del Parco Nazionale.
Dal 2017, la foresta di Sasso Fratino è stata inserita nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO all’interno del sito seriale transnazionale “Antiche e primarie faggete dei Carpazi e di altre regioni d’Europa” (Ancient and Primeval Beech Forests). Il riconoscimento è dovuto al fatto che Sasso Fratino ospita una delle più estese e importanti foreste vetuste di faggio d’Europa. Queste faggete hanno un’età eccezionale, con alcuni alberi che superano i 500 anni, fungendo da testimonianza unica dei processi ecologici post-glaciali.
La riserva deve la sua conservazione alle sue caratteristiche morfologiche: i suoi versanti sono aspri, rocciosi e profondamente incisi da fossi; questo ha reso gli usi antropici (come il taglio del legno) estremamente difficili nel corso dei secoli. Oggi, essendo diventata una riserva “integrale”, è vietato qualsiasi intervento umano (taglio, caccia, raccolta, ecc.). L’ecosistema è lasciato alla sua evoluzione naturale, permettendo agli scienziati di studiare i meccanismi naturali della foresta.
La presenza di grandi quantità di legno morto (alberi caduti e in decomposizione) è una caratteristica cruciale. Questo legno è vitale per la biodiversità, innescando cicli di morte e rigenerazione e fornendo habitat a una miriade di organismi, tra cui funghi e rari insetti. Tra questi ultimi spiccano il coleottero dalle lunghe antenne Rosalia alpina e lo scarabeo eremita Osmoderma eremita, entrambi indicatori di un ambiente forestale sano e antico.
In quanto “Riserva Integrale”, l’accesso è strettamente vietato al pubblico e ai visitatori per preservare la totale integrità dell’ambiente. Noi escursionisti possiamo osservare la maestosità della riserva solo dal sentiero di crinale che stiamo percorrendo oggi e lo rivedremo l’ultimo giorno in particolare una volta arrivati all’altopiano di San Paolo in Alpe.
In sintesi, Sasso Fratino non è solo un bosco antico, ma un vero e proprio laboratorio naturale a cielo aperto, dove la natura ha l’esclusivo diritto di dettare le sue regole.
Proseguendo sulla Giogana, l’escursione raggiunge il punto di massima elevazione a Poggio Scali (1.520 m), una delle vette più panoramiche del Parco. Dalla cima, è possibile avere un’ampia vista che, in condizioni di cielo sereno, spazia sui crinali toscani e romagnoli, offrendo un magnifico punto d’osservazione sulle foreste limitrofe.



Proseguendo sempre sul Crinale si superano il Passo Porcareccio e il Gioco di Secchieta. Da qui si lascia il Sentiero 00 per imboccare il Sentiero CAI 68 che scende verso l’Eremo di Camaldoli. La discesa porta fuori dal crinale principale, immergendosi nell’abetina storica di Camaldoli, frutto del lavoro secolare dei monaci. L’Eremo di Camaldoli (sede del romitorio e delle cellette di San Romualdo) è un’oasi di profonda spiritualità e silenzio, un luogo ideale per una sosta.

Si risale sul Crinale e si raggiunge il Prato alla Penna dove si riprende il sentiero 00. Da qui dopo poco si raggiunge Passo Fangacci, da dove decidiamo di fare una deviazione per salire sul Monte Penna che sappiamo offrire una vista spettacolare sul versante romagnolo e sul lago di Ridracoli.
Il Monte Penna (da non confondere con la vetta di Monte Penna nel Parco delle Alpi Apuane) è una vetta che raggiunge i 1.331 metri di altitudine. Lo si raggiunge seguendo l’unica via percorribile, cioè seguendo il sentiero CAI 225. La vetta è un pulpito erboso che si apre inaspettatamente dalla faggeta, fornendo un balcone naturale verso l’Adriatico. Nonostante sia più basso del vicino Poggio Scali, la sua posizione offre una visuale meno ostruita in alcune direzioni. La vista sulla foresta autunnale coglie gli escursionisti di sorpresa. La foresta sotto di noi è magnifica e i colori autunnali che durante l’escursione di oggi si sono fatti desiderare, si aprono in tutte le loro tonalità lasciandoci senza fiato.
La vista dalla cima del Monte Penna, in particolare verso Nord-Est (il versante romagnolo), è considerata una delle più suggestive dell’intero Appennino tosco-romagnolo. Lo sguardo si apre sul precipite versante romagnolo, dominato dalle vaste foreste del Parco. Si può ammirare l’imponente bacino del Bidente di Ridracoli, con il suo maestoso lago artificiale e la diga, incorniciati dalla foresta secolare. Si gode di una vista a perdita d’occhio sulla sottostante e remota Foresta della Lama, uno dei complessi forestali più estesi e intatti d’Europa, adiacente a Sasso Fratino. Infine, in questi giorni il panorama è arricchito dai colori intensi della foresta; la diversità delle faggete regala sfumature e tinte che evidenziano la ricchezza e l’integrità del Parco Nazionale.



Ritornati a Passo Fangacci il sentiero ci porta in discesa fino all’abitato di Badia Prataglia, dove raggiungiamo il Rifugio Casanova, destinazione della prima giornata di cammino.
Dal punto di vista metereologico la giornata è stata buona: il vento, a tratti intenso, ha costitituito solo un leggero fastidio attutito dalla protezione del bosco e durante la giornata, nonostante il cielo quasi sempre coperto, non abbiamo quasi mai dovuto proteggerci dalla pioggia.
SINTESI DELLA TAPPA 1:
- Distanza percorsa: 25 km
- Dislivello positivo: 1.050 m
- Dislivello negativo: 1.200 m
GIORNO 2: Da Badia Prataglia al lago di Ridracoli, passando per la Lama.
Le previsioni metereologiche per la giornata di oggi sono meno buone. Complessivamente dovrebbe essere la giornata peggiore dei nostri tre giorni di trekking, e infatti appena usciti dal rifugio veniamo subito accolti da uno scroscio di pioggia. Partiamo ben protetti e la pioggia, seppur fastidiosa, non diventa mai problematica; spesso si interrompe e durante la mattina sono comunque di più i momenti di asciutto di quelli di pioggia.
Sappiamo che oggi ci aspetta uno dei percorsi più classici e spettacolari all’interno del Parco Nazionale: attraverseremo il cuore della foresta monumentale dalla Lama immersa in ambienti selvaggi e incontaminati.
La tappa è caratterizzata da un considerevole dislivello in discesa, ma all’inizio occorre in ogni caso salire da Badia Prataglia fino al passo della Crocina. In sostanza la tappa si svilupperà in tre segmenti principali: la risalita iniziale, la lunga discesa verso la Lama e il tratto finale lungo il lago di Ridracoli.
Si parte da Badia Prataglia (circa 850 m slm), prendendo il sentiero 60 che risale verso il crinale, tramite il quale raggiungiamo la piacevole area attrezzata di Campo dell’Agio.

Da qui si prende il sentiero 64 (Sentiero delle Foreste Sacre) che ci porta fino al passo della Crocina (1.394 m). In quest’area abbiamo la fortuna di osservare diversi esemplari della salamandra dagli occhiali, presumibilmente della tipologia settentrionale (Salamandrina perspicillata). Questo piccolo anfibio ha una lunghezza media che da adulto supera di poco i 10 cm. Il suo colore è scuro sul dorso, con macchie bianche e rosse visibili sulle zampe e la coda; il ventre presenta un disegno bianco, nero e rosso, diverso in ogni individuo. Sulla testa ha una macchia di colore chiaro e forma caratteristica (per cui questa salamandrina è detta “dagli occhiali”) situata da un occhio all’altro. Rispetto ad altri urodeli, ha quattro dita sulle zampe, invece di cinque. La colorazione vivace ha lo scopo di segnalare a tutti i potenziali predatori, dalla puzzola alla biscia, che è velenoso. Si nutre in acqua, dove cattura le sue minuscole prede (invertebrati d’acqua dolce, principalmente crostacei, larve di insetti acquatici, platelminti) per abboccamento o suzione (fonte: Wikipedia).


Dal passo della Crocina, scendiamo al passo della Bertesca, un importante quadrivio di sentieri che si trova sul crinale secondario che separa le valli del Casentino da quelle della Romagna.
Inizia a questo punto il sentiero 223 che scende alla Lama passando per l’omonima splendida foresta. Il percorso affronta un dislivello negativo di circa 550 metri su una distanza relativamente breve (circa 4 km di sentiero in pendenza). Questo si traduce in una pendenza media significativa, con diversi tratti decisamente ripidi che richiedono attenzione. Lungo la discesa si può apprezzare la naturalità integrale dell’ambiente, con fusti monumentali e il tipico silenzio della foresta, interrotto solo dal rumore delle acque che scorrono a valle.
All’interno della cavità di un albero osserviamo una coppia di Salamandre pezzate (Salamandra salamandra Linnaeus, 1758) che evidentemente hanno trovato in questo ambiente umido e fresco la loro casa ideale.


Gli ultimi 500 metri del percorso sono pressoché pianeggianti, offrendo un gradito sollievo e l’accesso al suggestivo pianoro dalla Lama termina questa parte della camminata. Il nome di questa località non è casuale: Lama in latino significa “palude” o “acquitrino” infatti in alcune stagioni i suoi prati possono essere acquitrinosi. Nelle vicinanze si trova la storica Fonte di Francesco, dove è possibile rifornirsi d’acqua. La Lama è uno dei luoghi più iconici del Parco Nazionale, un’ampia piana alluvionale circondata da maestose foreste, storicamente utilizzata per l’ammasso e il trasporto del legname. La Lama è raggiungibile solo a piedi o in bicicletta, il che ne conserva l’atmosfera selvaggia. È il punto ideale per la sosta e il pranzo al sacco. La casa forestale ci offre anche protezione quando all’improvviso ricominciano alcuni scrosci di pioggia.




Dal Pianoro della Lama, il percorso prosegue sulla vecchia strada forestale definita “la pista forestale più bella d’Italia”. Non sappiamo se merita questo titolo, ma di sicuro il contesto è magnifico e piacevolissimo da percorrere; c’è tempo anche per un ultimo incontro faunistico, questa volta con un rettile: un piccolo esemplare di biscia dal collare barrata (Natrix helvetica). Seguiamo il percorso scendendo dolcemente e inoltrandoci in abetine e fustaie maestose, mantenendosi nel versante che digrada verso il bacino del Bidente.


Seguendo i sentieri CAI 235 e 239 che costaggiano uno dei rami della parte meridionale del lago di Ridracoli arriviamo infine al Rifugio Ca’ di Sopra, tappa finale della nostra giornata. Anche quest’ultimo tratto aggiunge delle viste inedite e pittoresche a quanto osservato durante questa giornata; il livello dell’acqua nel lago è infatti particolarmente basso, situazione che permette di vedere le brulle zone di riflusso emerse che contrastano bruscamente con i colori vividissimi della foresta.


Il rifugio è tutto per noi e ci sistemiamo nella confortevole camerata di 12 posti al piano superiore. Il tardo pomeriggio e la serata passano piacevolmente tra chiacchiere e partite di Burraco. L’accoglienza è perfetta e la cena veramente notevole, abbondante e di qualità. Notevole l’attenzione ai celiaci e alla vegetariana del nostro gruppo che vengono serviti con cura e qualità.
SINTESI DELLA TAPPA 2:
- Distanza percorsa: 19,5 km
- Dislivello positivo: 820 m
- Dislivello negativo: 1.120 m
GIORNO 3: Dal lago di Ridracoli a Campigna passando dall’altopiano di San Paolo in Alpe.
Al risveglio la mattina, una parte di noi ha una bella sorpresa appena esce dalla camerata per scendere a fare la colazione: nel prato davanti al rifugio si sono raccolti diversi caprioli che come ci vedono, si allontanano spaventati.

Dopo l’abbondante colazione, partiamo in una bella mattina con il cielo tendenzialmente coperto ma senza pioggia seguendo il sentiero natura (CAI 239) che costeggia la sponda Nord-Est del lago. Questo tratto facile, regala ulteriori scorci sulle foreste e sulla maestosa opera della diga.



La Diga di Ridracoli è un’opera di ingegneria monumentale e vitale per l’intera Romagna, incastonata nel cuore del Parco. Non è solo una struttura idraulica, ma un elemento che ha plasmato il paesaggio, creando il suggestivo Lago di Ridracoli.
Si tratta di una diga del tipo “arco-gravità”. Questo design ibrido le conferisce una grande resistenza: sfrutta la forma ad arco per scaricare la pressione dell’acqua sulla roccia delle pareti della valle (come le dighe ad arco) ed è al contempo massiccia (come le dighe a gravità).
Dimensioni dell’opera:
- Altezza: Circa 103 metri dal piano di fondazione.
- Lunghezza del Coronamento: Circa 432 metri.
- Volume di Invaso: Circa 33 milioni di metri cubi d’acqua.

La funzione principale della diga è quello dell’approvvigionamento idropotabile: è il fulcro dell’Acquedotto della Romagna e fornisce acqua a circa un milione di persone coprendo circa la metà del fabbisogno annuo della Romagna. Ha anche funzioni secondarie come la regolazione delle portate del fiume Bidente di Ridracoli e la produzione di energia elettrica tramite la centrale idroelettrica di Isola.
Seguendo la strada di servizio della diga si arriva all’inizio del sentiero 233, dove inizia la risalita verso l’altopiano di San Paolo in Alpe. Nella prima parte si sale seguendo la valle del Rio Bacine. Siamo sempre all’interno di magnifiche foreste; gli occhi, saturati dai colori, non riescono comunque ad abituarsi alle tinte di questa stagione e per tutto il giorno le foreste che percorreremo non si stancheranno di stupirci con i continui accostamenti e contrasti cromatici che in questo versante romagnolo sono più ricchi che mai.

Dopo la faticosa salita, si raggiunge l’altopiano di San Paolo in Alpe (1.026 m), una vasta distesa erbosa sospesa tra le montagne. L’arrivo è estremamente gratificante con la vista che si apre in modo spettacolare, offrendo un’ampia panoramica sulle valli romagnole, sulle foreste di faggi e abeti, e, nelle giornate limpide, fino al Mare Adriatico. La vista si apre per l’ultima volta sul crinale che ospita la Riserva di Sasso Fratino.


San Paolo in Alpe è anche un luogo di memoria della Resistenza partigiana e della Seconda Guerra Mondiale. Durante la guerra, l’altopiano fu infatti utilizzato come campo di lancio dagli Alleati per paracadutare munizioni, viveri e rifornimenti destinati ai partigiani che operavano nelle montagne romagnole. Dopo la Battaglia di Biserno, le forze nazifasciste salirono sull’altopiano per stanare i partigiani. La rappresaglia portò alla distruzione e all’incendio della Chiesa di Sant’Agostino e della grande casa colonica (Il Casone), con la chiesa che fu data alle fiamme probabilmente perché usata come deposito di armi.
L’altopiano ospita i ruderi dell’antico insediamento abbandonato, gruppi di case nelle località di Castagnoli di Sotto e di Sopra e la Chiesa di Sant’Agostino, il cui campanile a vela è rimasto miracolosamente conservato, oltre al Casone di San Paolo in Alpe, un bivacco utile per le soste. Capiamo perché la salita a San Paolo in Alpe è considerata una delle escursioni più belle, gratificanti e panoramiche del parco.


Terminiamo in nostro trekking con la salita finale verso Campigna percorrendo un tratto di bosco caratterizzato anche da esemplari notevoli di castagno.
Il cammino è terminato. Tirando le somme si può dire che siamo stati fortunati. Infatti il clima è stato magnanimo, poca pioggia solo il secondo giorno e per il resto un tempo più che accettabile. La natura era al suo meglio: la flora dai colori magnifici e anche la fauna ci ha regalato delle belle soddisfazioni con osservazioni di animali non scontati a dimostrazione che siamo transitati da ambienti naturali integri e ricchi. La compagnia è stata piacevolissima e l’appuntamento per tutti e tutte è alle prossime camminate negli ambienti naturali delle nostre magnifiche foreste e montagne.
SINTESI DELLA TAPPA 3:
- Distanza percorsa: 18 km
- Dislivello positivo: 1.200 m
- Dislivello negativo: 730 m



Nota: Dove non diversamente indicato, le foto sono di Francesco Piantini.